2015-05-15 15:00:00

Il premier scrive agli insegnanti e chiude così la sua lettera: “Il nostro progetto non è prendere o lasciare e siamo pronti a discutere. Ma facciamolo nel merito, senza la paura di cambiare”. Proprio da quelle affermazioni vogliamo partire, ponendo una questione di metodo non irrilevante, prima di entrare, come viene chiesto ai destinatari della missiva, nel merito.

Nel metodo 
Con quali tempi e in quali sedi il governo intende condurre il confronto che sta sollecitando? Nei giorni che restano prima dell’approvazione del provvedimento di legge su cui stanno discutendo le Camere? Se i tempi sono questi, è difficile ritenerli sufficienti. Ancor più se lo strumento attraverso cui si dialoga è uno scambio epistolare che coinvolge grosso modo 750.000 persone (escludendone peraltro almeno 250.000 che non sono insegnanti ma che partecipano anch’essi, col loro lavoro, a mandare avanti ogni giorno la nostra scuola). In gioco c’è qualcosa di più della praticabilità di questa "apertura di dialogo", c’è la sua credibilità. Ci auguriamo che il premier ne sia consapevole.

Per l’ennesima volta, il tema sotteso e sostanzialmente eluso è la funzione dei soggetti di rappresentanza professionale e sociale, che la Carta Costituzionale riconosce come trama essenziale del tessuto democratico ma che il governo non ha voluto fin qui considerare, se non marginalmente, come interlocutori con cui dialogare nella costruzione del suo progetto di riforma. Nonostante la solenne affermazione secondo cui “per fare la Buona Scuola … ci vuole un Paese intero”.

Nel merito 
Nel merito delle proposte del governo noi ci siamo entrati da subito, con analisi approfondite e indicazioni puntuali scaturite anche dal confronto capillare e diffuso con la categoria. Lo abbiamo fatto senza alcuna paura del cambiamento, anzi rivendicando i cambiamenti che la scuola italiana attende da tempo nelle politiche di governo in termini di attenzione e sostegno all’importanza, alla complessità e alla gravosità delle funzioni che le sono assegnate e alle quali fa fronte, ogni giorno, con la fatica, l’impegno e la passione di chi ci lavora.

Abbiamo avanzato ripetutamente proposte di merito, e non è certo per scelta nostra - ma per l’assenza di risposte da parte del governo - se queste sono diventate la piattaforma di una mobilitazione che ha visto il coinvolgimento dell’intero mondo della scuola e grazie alla quale si è aperto qualche spiraglio per un confronto finora sostanzialmente negato. Proposte e richieste che in estrema (e non certo esaustiva) sintesi possiamo così riassumere:

  • intervenire con provvedimento d’urgenza su organici e assunzioni, per non finire fuori tempo massimo rispetto all’avvio dell’anno scolastico. Il piano deve avere scansione pluriennale per dare risposta a tutte le legittime aspettative dei precari
  • no alla procedura di “chiamata” dagli albi territoriali, soluzione affrettata, confusa e rischiosa
  • no alla presenza di soggetti non dotati di specifica competenza (genitori e studenti) negli organismi chiamati a valutare sul piano professionale i docenti
  • rispetto e valorizzazione delle prerogative contrattuali nella disciplina del rapporto di lavoro (economica e normativa)

Prendere o lasciare 
Perché il confronto possa produrre buoni esiti, non deve trasformarsi in un “prendere o lasciare”: al riguardo, e tanto per fare anche noi qualche punto di chiarezza su affermazioni che circolano in questi giorni, chiediamo che non si usi il ricatto delle assunzioni come “spada di Damocle” sospesa sulle richieste di modifica che il sindacato avanza rispetto alle più evidenti criticità del provvedimento in discussione.

Le assunzioni non possono essere ridotte a merce di scambio per far accettare obtorto collo altri pezzi di riforma sbagliati e dannosi: le assunzioni sono la conditio sine qua non perchè le scuole possano rispondere efficacemente alla domanda formativa del Paese. Con organici adeguati e lavoro stabile. La richiesta sindacale di un piano pluriennale di assunzioni nasce dalla diretta e profonda conoscenza di una realtà complessa come quella del precariato, che rende iniqua, insufficiente e generatrice di infinito contenzioso la soluzione prevista nel disegno di legge. Non basta, su temi di questa portata, affidarsi alla suggestione dei “grandi numeri”, e soprattutto non si perseguono obiettivi ambiziosi, come l’eliminazione della precarietà, con soluzioni improvvisate e affrettate (e anche per questo più volte modificate).

Allo stesso modo, il giusto obiettivo di “favorire l’incontro tra competenze ed aspirazioni dei singoli insegnanti e le esigenze formative che processi innovativi e diagnosi valutative fanno maturare nelle singole scuole” non può essere perseguito improvvisando modalità di assegnazione della sede ai docenti di cui chiunque conosca davvero la scuola può vedere facilmente sia le enormi difficoltà di gestione, sia altri non trascurabili rischi sotto il profilo delle garanzie di imparzialità e trasparenza delle procedure. La citazione virgolettata è tratta dal testo del CCNL del comparto scuola (art. 4, comma 2), a dimostrazione di quanto sia infondato e sbagliato considerare la contrattazione come sinonimo di resistenza al cambiamento e al miglioramento della qualità del servizio. È proprio il reiterato blocco dei rinnovi contrattuali, in realtà, ad avere fin qui impedito di intraprendere percorsi di innovazione delineati nel Contratto ma resi impraticabili da perduranti politiche di disinvestimento in istruzione e formazione. Ed è ancora il contratto d’istituto la sede in cui è da sempre possibile, attraverso il confronto fra dirigenza e parte sindacale, individuare criteri da tutti condivisi sulla gestione delle risorse configurate come salario accessorio.

Cambiare la proposta, questo l’obiettivo 
Quelli qui accennati sono soltanto una parte degli argomenti, tantissimi, sui quali chiediamo da mesi che si apra un confronto vero e serio. Il percorso delineato nell’incontro del 12 maggio a Palazzo Chigi diventa perciò una verifica decisiva sulla credibilità delle affermazioni di apertura al dialogo fatte dal governo e dal suo premier. La Cisl Scuola farà di tutto perché il confronto si traduca nelle necessarie modifiche al testo di legge in discussione, per farne un passaggio che avvia una fase positiva e di crescita per la nostra scuola, non un’ulteriore stagione di tensioni, conflitti e disagi.

Roma, 14 maggio 2015

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